Issue #08
4 marzo 2025
— Editoriale di Nicola Zampella, Direttore Generale Federbeton
— LE POLITICHE PER LA TRASFORMAZIONE INDUSTRIALE – IL CASO DEL CEMENTO by ECCO
La sostenibilità è un tema centrale per la filiera del cemento, costantemente impegnata per ridurre il proprio impatto attraverso processi di produzione e prodotti sempre più innovativi. Tra il 2021 e il 2023, le aziende del settore hanno investito oltre 254 milioni di euro in tecnologie ambientali e di sicurezza[1]. Con lo stesso impegno, il comparto sta affrontando la sfida ancora più complessa per raggiungere la neutralità carbonica, in linea con le politiche europee di decarbonizzazione.
Le imprese della filiera hanno sviluppato e condiviso una strategia con azioni, scadenze e obiettivi che porteranno alla neutralità carbonica nel 2050. Ogni azione individuata contribuirà a ridurre le emissioni di CO2 in misura e con tempi diversi. Alcune di esse sono già disponibili e in parte attuate dalle imprese, mentre altre richiedono ulteriori sviluppi tecnologici.
Nel complesso, per implementare questa strategia, l’industria italiana del cemento dovrà investire 4,2 miliardi di euro, con extra-costi operativi di circa 1,4 miliardi annui[2].
L’uso di combustibili alternativi in parziale sostituzione di quelli fossili è una delle leve già operative che nel solo 2023 ha consentito di evitare emissioni di CO2 per 403.000 tonnellate. Tuttavia, nonostante il potenziale e gli oggettivi vantaggi anche per il ciclo dei rifiuti, in Italia siamo fermi al 25,5%[3] di sostituzione dei prodotti petroliferi con i combustibili alternativi (sostituzione calorica), contro una media europea del 57,6%. Il principale ostacolo è rappresentato dai lunghi e incerti processi autorizzativi locali, che limitano la possibilità di sfruttare al meglio questa risorsa.
Questa situazione merita sicuramente una riflessione. L’uso dei combustibili alternativi, infatti, è un’opportunità non solo per l’ambiente, ma anche per la collettività e per l’indipendenza energetica del Paese.
Si tratta di una risorsa energetica a km0 che rende le cementerie un tassello del ciclo virtuoso dell’economia circolare e, se sfruttata in maniera efficace, può determinare una riduzione delle emissioni di CO2 del 12%[4].
I combustibili alternativi come i CSS (Combustibili Solidi Secondari), infatti, derivano dai rifiuti non riciclabili né riutilizzabili in nessun modo che vengono così sottratti al conferimento in discarica, all’incenerimento o all’export verso altri Paesi. Quello che sarebbe stato altrimenti uno scarto viene trasformato in risorsa produttiva, alleggerendo la tariffa rifiuti a carico dei cittadini e riducendo il rischio di sanzioni a carico dell’Italia per la mancata chiusura delle discariche.
Un tassello fondamentale per la decarbonizzazione del settore è rappresentato dalle tecnologie di cattura della CO2 (CCUS – Carbon Capture, Utilization, and Storage) alle quali la strategia attribuisce una riduzione delle emissioni di CO2 pari al 43%[5]. L’importanza di questa soluzione risiede nel fatto che il 60-70% delle emissioni dirette di CO2 nella produzione di cemento derivano dalle reazioni chimiche di processo, rendendo impossibile eliminarle senza un sistema di cattura. L’attivazione di queste tecnologie richiede all’industria del cemento un impegno economico importante, maggiore rispetto a quello richiesto agli altri settori c.d. energivori.
Oltre ai combustibili alternativi e alla cattura della CO2, altre azioni possono contribuire alla riduzione delle emissioni nel settore[6]: uso di gas naturale e idrogeno, efficienza energetica ed energia rinnovabile, riduzione del rapporto clinker-cemento, utilizzo di materiali alternativi, trasporti sostenibili e approvvigionamento locale, ottimizzazione del calcestruzzo nelle costruzioni.
La strategia nazionale di decarbonizzazione di Federbeton verrà a breve aggiornata per valutare gli impatti delle recenti evoluzioni sia tecnologiche di alcune delle leve individuate, sia del contesto normativo europeo e nazionale, sul percorso verso la carbon neutrality del comparto.
La decarbonizzazione rappresenta un passo essenziale per la sostenibilità, ma rischia di avere un impatto negativo sulla competitività dell’industria italiana. Le aziende europee devono affrontare costi di produzione più elevati, a causa degli investimenti in tecnologie innovative e dell’aumento del valore delle quote di emissione di CO2 (ETS). Al contrario, i produttori di cemento extra-UE che si affacciano sul Mediterraneo e importano cemento anche in Italia, non sono soggetti agli stessi vincoli ambientali e hanno costi di produzione più bassi che li rendono più competitivi.
Nel 2023, le importazioni di cemento extra-UE sono aumentate del 22,6%, e dal 2018 al 2023 sono cresciute del 572%, mentre quelle intra-UE solo del 6,5%. Il prezzo del cemento importato è inferiore del 25% rispetto al prezzo medio nazionale, generando una concorrenza insostenibile per le aziende italiane[7].
La perdita di competitività dell’industria italiana del cemento e del calcestruzzo potrebbe avere conseguenze rilevanti sull’intero tessuto economico e sociale. Se la produzione nazionale dovesse ridursi, l’approvvigionamento dipenderebbe sempre più dalle importazioni, con effetti destabilizzanti sui costi e sulla continuità delle forniture.
Oltre all’impatto economico, il problema si estende anche al fronte ambientale. L’incremento delle importazioni comporterebbe infatti una “delocalizzazione” delle emissioni di CO2 verso Paesi con normative ambientali meno stringenti rispetto agli standard europei, aumentando così l’impronta globale del settore. Inoltre, le maggiori distanze di trasporto aggraverebbero ulteriormente l’impatto ecologico.
Infine, la qualità dei materiali impiegati nelle costruzioni potrebbe risentirne, poiché i controlli sarebbero in parte demandati ai Paesi esportatori.
L’Unione Europea ha introdotto il meccanismo di adeguamento CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) per proteggere le imprese europee. Tuttavia, l’attuazione completa del sistema richiederà un tempo troppo lungo per scongiurare i rischi.
In conclusione, affinché l’impegno del comparto per la decarbonizzazione si traduca in un reale vantaggio competitivo, è necessario un intervento delle istituzioni a supporto e tutela dell’industria italiana. Un quadro normativo chiaro e applicato in maniera omogenea sul territorio, tempi certi per il rilascio delle autorizzazioni e delle certificazioni, sostegno agli investimenti per lo sviluppo delle tecnologie innovative sono elementi urgenti per salvaguardare un settore fondamentale per lo sviluppo socio-economico del Paese.
[1] Dati Rapporto di sostenibilità 2023 di Federbeton
[2] Dati Strategia di decarbonizzazione di Federbeton elaborata con il supporto di KPMG
[3] Dati Rapporto di sostenibilità 2023 di Federbeton
[4] Dati Strategia di decarbonizzazione di Federbeton elaborata con il supporto di KPMG
[5] Dati Strategia di decarbonizzazione di Federbeton elaborata con il supporto di KPMG
[6] Dati Strategia di decarbonizzazione di Federbeton elaborata con il supporto di KPMG
[7] Elaborazioni Centro studi Federbeton
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Il settore industriale in Italia svolge un ruolo centrale nell’economia nazionale, contribuendo nel 2022 per circa il 20% del PIL (dato 2022). Allo stesso modo, questo settore contribuisce in modo sostanziale al quadro emissivo in misura pari a circa il 20%.
Il settore industriale è composto da una molteplicità di settori produttivi, con interconnessioni nelle catene del valore a vari livelli: per questa ragione, una strategia industriale integrata con il processo di decarbonizzazione deve poter guardare alle singole filiere e combinare politiche fiscali che favoriscono la produzione interna, politiche commerciali per penalizzare comportamenti anticoncorrenziali, politiche economiche per garantire le catene di approvvigionamento.
L’Europa si trova oggi ad affrontare questa sfida, avendo accumulato un divario competitivo e di innovazione rispetto alle principali economie globali e dovendo affrontare costi energetici mediamente più elevati. Tuttavia, il processo di decarbonizzazione ha innescato una nuova spinta all’innovazione e non integrare efficacemente questa variabile nelle politiche per l’industria rischia di aumentare questo divario.
Oltre a essere un grande produttore, l’Italia è anche un importante consumatore di cemento e calcestruzzo, con una domanda prevalentemente soddisfatta dalla produzione interna. Tuttavia, negli ultimi anni, è aumentata la dipendenza dalle importazioni, in particolare da paesi extra-UE del bacino del Mediterraneo (Turchia, Tunisia, Algeria).
Nonostante i processi di consolidamento dell’industria cementizia nell’ultimo decennio, i margini di profitto dei principali operatori italiani restano limitati, con prodotti che hanno un valore aggiunto inferiore rispetto ad altri produttori europei. Questo scenario rende essenziale una politica industriale mirata, capace di garantire effetti positivi sia nel breve termine (2030) che in un orizzonte di lungo periodo (2050).
La trasformazione del processo produttivo del cemento è particolarmente complessa a causa della natura stessa dei processi produttivi: da un lato, le emissioni di processo derivano da reazioni chimiche inevitabili; dall’altro, il fabbisogno di calore ad alte temperature rende difficile l’impiego di alternative ai combustibili fossili.
A testimoniare tale complessità, negli ultimi 15 anni, le emissioni di CO₂ del settore sono diminuite del 61%[2], ma tale riduzione è stata determinata principalmente da un calo nella produzione, piuttosto che da un miglioramento dell’efficienza o dall’adozione di tecnologie a basse emissioni. L’intensità emissiva del settore è rimasta, infatti, pressoché invariata, restando intorno a 0,65 tCO₂/tcemento (Figura 1).
Figura 1 – Emissioni dirette di CO2 derivanti dalla produzione di cemento in Italia (in valore assoluto e relative ai volumi di produzione)
Affrontare la decarbonizzazione del settore cemento richiede, quindi, un approccio integrato; un insieme di politiche industriali a cui assegnare diversi gradi di priorità e da coordinare nella loro esecuzione. Le politiche di sostegno all’offerta dovrebbero aggredire i costi di investimento e prevedere un sostegno ai costi energetici da consumo di gas naturale (e di elettricità). In contemporanea, si devono introdurre meccanismi regolatori, di incentivo e di protezione dal lato della domanda, per favorire lo sviluppo di un mercato che possa costituire uno sbocco alle più costose produzioni di cemento ‘verde’.
Secondo questo approccio, nello studio Politiche per la trasformazione industriale: il caso del cemento, si propone un approfondimento settoriale dedicato.
Tra le soluzioni per ridurre l’impatto ambientale del settore, nello studio si individuano misure applicabili nel breve, medio e lungo termine.
Le soluzioni disponibili nel breve periodo vanno dal maggiore sfruttamento dell’efficienza energetica, ad esempio mediante sistemi OCR (Organic Rankine Cycle), all’uso di combustibili alternativi come combustibile da rifiuti, fino alla sostituzione parziale del clinker con materiali decarbonatati attraverso l’utilizzo di materiali riciclati, sottoprodotti e end of waste. Tali soluzioni si stima possano determinare cumulativamente una riduzione nell’ordine del 24% delle emissioni nella processo produttivo. Si tratta di soluzioni che potrebbero mettere l’Italia al pari di altri Paesi EU dove, ad esempio, i tassi di sostituzione del carbone con combustibili alternativi sono significativamente più elevati. Tali soluzioni, tuttavia, richiedono un quadro normativo abilitante che le favorisca e incentivi economici per essere attuate su vasta scala.
Il 75% delle emissioni correlate alla produzione di cemento, evidentemente, necessitano di soluzioni non ancora esistenti o scalate. Per tale ragione, un supporto alla ricerca e sviluppo di soluzioni che possano elettrificare il processo produttivo o rendere efficiente la cattura e stoccaggio della CO2. Tra le tecnologie più promettenti vi è il processo Oxyfuel, che prevede l’uso di ossigeno puro al posto dell’aria nei forni, ottimizzando la combustione e aumentando la concentrazione di CO₂ nei gas di scarico, facilitandone la cattura. Tuttavia, questa soluzione comporta costi elevati, rendendo necessario il supporto attraverso misure di incentivazione. In ogni caso, è necessario offrire, da un lato, supporto mirato alla ricerca e sviluppo, ad esempio tramite un maggiore sfruttamento dei Fondi Europei come l’Innovation Fund e dall’altro, meglio indirizzare i proventi delle aste ETS, soprattutto in vista dell’incremento della sua taglia, alimentato proprio dalle quote che derivano dai settori a cui sarà applicato il CBAM, come il cemento.
Dal lato della domanda, sarà necessario favorire la creazione dei mercati per i cementi ‘verdi’, definendo le caratteristiche di e gli standard per la loro commercializzazione, anche attraverso la revisione della legislazione europea sugli appalti pubblici, in modo da integrare la variabile clima, negli standard di acquisto della pubblica amministrazione, facendo da volano per la diffusione di metodiche di produzione a minore impronta di carbonio.
La scienza ci detta tempi accelerati per la decarbonizzazione e le economie globali si sono mosse anticipatamente sui mercati delle tecnologie che la abilitano. Un quadro di politiche mirate e settoriali che complementi le politiche tecnologicamente neutrali, come il carbon pricing, è necessario per fare della transizione un’opportunità concreta. Con la pubblicazione delle linee strategiche del Clean Industrial Deal si individuano gli elementi di un approccio sistemico, che leghi innovazione, competitività e decarbonizzazione che, tuttavia, non possono prescindere da approfondimenti verticali e di filiera, come quelli che, a livello UE sono previsti per acciaio e chimico e che si auspica anche per il cemento, che per scala dei finanziamenti e complessità di decarbonizzazione meriterebbe uno spazio dedicato.
[1] Rielaborazione ECCO da rapporti annuali Aitec e Federbeton (vari anni)
[2] Rapporti di sostenibilità Federbeton
Mercoledì 5 marzo
Indagine conoscitiva sul ruolo dell’energia nucleare nel processo di transizione energetica e di decarbonizzazione – Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) della Camera dei Deputati link
Giovedì 6 marzo
Consiglio Competitività (COMPET) – Mercato interno, Industria: Dibattito politico sul Clean Industrial Deal per le industrie competitive – link
Lunedì 17 marzo
Consiglio Energia – Prevista discussione sulla dimensione energetica del Clean Industrial Deal
Giovedì 20 e venerdì 21 marzo
Consiglio europeo (EUCO) – Costa ha annunciato che l’attenzione sarà rivolta al rilancio dell’economia europea in crisi, dalla competitività al commercio e all’occupazione.