Issue #04

29 NOVEMBRE 2024

Editoriale

By ECCO
LE AUDIZIONI DEI COMMISSARI EU E IL FUTURO DEL GREEN DEAL

La scorsa settimana – il 27 novembre – il Parlamento europeo ha dato il via libera ai Commissari scelti da Ursula von der Leyen per formare l’esecutivo dell’UE per i prossimi cinque anni. Il processo di conferma dei Commissari proposti si esplicita pubblicamente attraverso una lunga audizione nella quale i candidati devono rispondere alle domande dei Parlamentari europei. L’esito di questa interrogazione, se positivo, porta alla nomina dei Commissari UE. Questo articolo raccoglie una breve analisi degli interventi dei Commissari che saranno chiamati a plasmare – o proteggere – il Green Deal nel prossimo mandato legislativo.

La Presidente Ursula von der Leyen durante la presentazione del suo programma politico ha ribadito che il Green Deal Europeo rappresenta il ponte tra i suoi due mandati. Se nei primi cinque anni, l’amministrazione von del Leyen si è concentrata sul creare le condizioni – attraverso il Fit for 55 – per portare l’Europa verso una piena decarbonizzazione, ora il suo esecutivo dovrà passare all’implementazione del Green Deal, ponendo la transizione al centro della strategia di competitività industriale, come suggerito nei mesi scorso dai rapporti Draghi e Letta. 

I nuovi Commissari sembrano confermare i principi del Green Deal, indicando l’azione climatica come fulcro dell’agenda UE. Emerge però con evidenza che la transizione può essere perseguita solo se i suoi vantaggi siano accessibili e fungano da volano per la competitività industriale. Nonostante la retorica positiva e il senso di responsabilità condivisa, le audizioni hanno rivelato alcune lacune. In primis, gli aspetti sociali della transizione non sono stati sufficientemente approfonditi. Inoltre, Commissari UE come Jørgensen, figura chiave per l’implementazione degli obiettivi di competitività e clima, non sembrano offrire risposte su questioni come il caro energia. Hoekstra ha avuto qualche difficoltà nel prendere le distanze in modo netto dall’industria dei combustibili fossili. Gli ultimi commenti a Ribera evidenziano inoltre come questioni politiche interne ed esterne rischiano di minare il successo Green Deal. La Commissione appare unita attorno all’azione climatica, ma la sua capacità di costruire un consenso sociale ampio verso la transizione rimangono incerta e sarà il banco di prova dei prossimi anni cinque anni.

Teresa Ribera – Clean, Just and Competitive Transition – Durante l’audizione, Ribera è stata inequivocabile: la transizione non può dipendere dai combustibili fossili. In particolare, a causa della volatilità dei prezzi dei combustibili fossili e per i rischi legati alla sicurezza energetica. Ribera ha ripetutamente evidenziato l’importanza dell’aspetto della giustizia (Just Transition) del suo mandato, insistendo che nessuna transizione avrà successo senza inclusività. Ribera si è impegnata a garantire che il Clean Industrial Deal e il Just Transition Fund si concentrino sulla creazione di posti di lavoro, sullo sviluppo delle competenze e sulla resilienza delle comunità, puntando sull’adattamento al cambiamento climatico a livello locale.

Stéphane Séjourné – Prosperity and Industrial StrategyNella sua audizione, Séjourné ha delineato una visione della politica industriale UE che integra decarbonizzazione e crescita economica. Per Séjourné, un Clean Industrial Deal può essere efficace solo se tiene conto degli aspetti sociali della transizione. Séjourné ha parlato della necessità di sostenere la decarbonizzazione di settori chiave come acciaio e chimica, promuovendo al contempo nuove tecnologie come veicoli elettrici e pompe di calore, anche attraverso strumenti pubblici. A tal fine, Séjourné si è impegnato a semplificare le normative e avviare consultazioni multilivello per migliorare l’attuazione a livello locale. Sul fronte finanziario, Séjourné ha sostenuto la creazione di un Fondo Europeo per la Competitività flessibile, per ridurre il rischio degli investimenti privati e rafforzare i mercati dei capitali. Sui veicoli elettrici, Séjourné ha proposto un dialogo strategico per sviluppare un piano che ne acceleri le vendite, ma ha evitato di affrontare la questione delle sanzioni per il mancato rispetto delle norme del settore automotive nel 2025.

Raffaele Fitto – Cohesion and Reforms – Il ruolo di Raffaele Fitto, intuitivamente non sembra legato al clima. Tuttavia, il suo mandato e la sua appartenenza politica, meritano attenzione. Di buon auspicio vedere Fitto abbracciare l’agenda verde di Ursula von der Leyen. Tra gli impegni principali figurano l’aumento dei finanziamenti per migliorare il patrimonio edilizio europeo e investimenti nell’edilizia popolare. Fitto ha anche riconosciuto il legame tra cambiamenti climatici ed eventi meteorologici estremi. Tuttavia, ancora troppo spesso, l’utilizzo di risorse provenienti da fondi UE si scontra con una governance che rischia di ostacolare il processo di trasferimento dei finanziamenti. Questo avviene anche per fondi dedicati alla ricostruzione da eventi estremi legati al clima, come la recente alluvione in Emilia-Romagna. 

Dan Jørgensen – EnergyDan Jørgensen avrà un ruolo cruciale per la decarbonizzazione, dato il contributo significativo del settore energetico alle emissioni. Jørgensen ha difeso con forza i risultati della legislazione precedente, rassicurando sul fatto che non ci saranno passi indietro. Il nuovo Commissario per l’energia ha annunciato nuovi obiettivi per le rinnovabili al 2040, senza menzionare l’efficienza energetica. Pur riconoscendo i prezzi elevati dell’energia, che ostacolano competitività e decarbonizzazione e spingono gli europei verso la povertà energetica, Jørgensen non ha fornito soluzioni concrete, lasciando incertezze sull’efficacia delle misure future. Gran parte dell’audizione si è concentrata sull’energia nucleare, della quale è risaputo non essere un sostenitore. Tuttavia, Jørgensen ha ribadito che gli Stati membri sono liberi di scegliere il proprio mix energetico, chiarendo però che i fondi europei non supporteranno la costruzione di nuove centrali nucleari.

Wopke Hoekstra – Climate, Net-Zero and Clean Growth –

La parola crescita nel portafoglio di Hoekstra mostra che, per questa Commissione, l’azione climatica si lega a doppio nodo con la crescita economica. La sua audizione ha lasciato qualche perplessità rispetto alla sua piena adesione all’azione climatica europea. Interrogato sui suoi legami passati con il settore petrolifero e del gas —sia come consulente che per aver incluso lobbisti fossili nella sua delegazione UE alla COP28— Hoekstra ha evitato le domande. Hoekstra ha enfatizzato ripetutamente l’uso efficiente dei fondi pubblici, ma preoccupa il fatto che la neutralità tecnologica sia tornata al centro delle discussioni.

Apostolos Tzitzikostas – Sustainable Transportation and Tourism – Tzitzikostas ha dimostrato di conoscere a fondo le sfide dei settori di sua competenza, anche se, ad alcuni, le sue risposte sono sembrate carenti di dettagli chiarificatori. Il suo impegno a mantenere le regole per l’eliminazione graduale del motore a combustione nel 2035 è rassicurante, poiché la stabilità normativa è un prerequisito fondamentale per la prevedibilità del mercato ed è cruciale per stimolare gli investimenti dell’industria automobilistica. Tuttavia, Tzitzikostas non ha fornito dettagli sull’approccio e sui tempi del piano industriale automobilistico europeo che il suo Gabinetto è incaricato di elaborare. Le altre priorità indicate da Tzitzikostas includono il completamento della rete TEN-T, il miglioramento dell’interconnettività e la promozione di biglietti digitali per il trasporto multimodale. Per decarbonizzare i settori aviazione e marittimo il Commissario ha sottolineato la necessità di lavorare con ICAO e IMO per creare standard globali per i carburanti sostenibili. Infine, Tzitzikostas ha assicurato di voler affrontare il problema della carbon leakage nelle emissioni del settore marittimo, a salvaguardia del commercio e della competitività dei porti europei.

Dubravka Šuica – MediterraneanŠuica ha sottolineato l’importanza strategica della Regione, riconoscendo l’impatto dei cambiamenti climatici come una delle principali sfide per l’Area. Šuica guiderà la nuova Direzione Generale per il Mediterraneo (DGMED) che, nel settore energetico, si concentrerà sullo sviluppo di energie rinnovabili e collaborazioni sulle tecnologie pulite. La decarbonizzazione e i benefici reciproci per l’UE e i Paesi del Mediterraneo meridionale saranno affrontati attraverso un’iniziativa di cooperazione trans-mediterranea su energia pulita e tecnologia sostenibile. Šuica ha evitato di fornire dettagli specifici sulle strategie di transizione del settore del gas. Inoltre, il Nuovo Patto per il Mediterraneo, che le sarà richiesto di realizzare come fulcro del suo mandato e che pone l’accento su partenariati bilaterali strategici, rischia di marginalizzare una più ampia cooperazione regionale, anche sul piano energetico e climatico.

Qualcuno ti ha inoltrato questo contenuto?
Non perderti i prossimi numeri di NetZero Makers, iscriviti!

COP29 - UN RISULTATO CON MOLTI COMPROMESSI

BY ECCO

A Baku, in Azerbaigian, è andata in scena una COP complessa, caratterizzata da un contesto internazionale delicato, forti tensioni e negoziati difficili. Sono servite molte più ore di quelle previste per discutere accordi che, tra forte scontento da parte dei Paesi in via di sviluppo e dalla società civile, alla fine sono però arrivati.

Nell’anno più caldo da quando esistono le rilevazioni, nonostante le turbolenze geopolitiche derivanti da conflitti e trasformazioni globali, e malgrado la rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, quasi duecento Paesi sono riusciti a fissare i primi tasselli della finanza per il clima.

Cos’è successo a COP29?

A Baku, un ampio fronte composto sia dalle economie più fragili del mondo che da quelle emergenti chiedeva più aiuti per accelerare la transizione e affrontare meglio gli impatti del cambiamento climatico. Il vecchio obiettivo globale di finanza per il clima, che prevedeva di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno verso i Paesi in via di sviluppo entro il 2025, è stato triplicato. I Paesi Sviluppati si sono impegnati a mobilizzare fino a 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. L’obiettivo si inserisce in più ampio incremento globale, multi-attore, della finanza per il clima, definita Road Map Baku-Belem, che punterà a fornire almeno 1.300 miliardi all’anno entro il 2035, unendo soldi pubblici, privati e risorse provenienti dalle Banche multilaterali di sviluppo. 

Finanza climatica: chi dà e chi riceve

Chi deve essere considerato un contributore e chi, invece, un ricevente degli aiuti di finanza climatica? Questa è una questione fondamentale, su cui ciclicamente si accende un dibattito attorno alle COP. I Paesi mantengono lo status che avevano al momento della creazione della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici nel 1992. Per questo, Paesi come Cina, Singapore, Sud Corea e Paesi del Golfo, sono ad oggi ancora considerati, per il negoziato, come Paesi in via di sviluppo. La realtà del mondo è però cambiata, e questo è evidente anche a questi stessi Paesi. Nei primi giorni della COP29, è stata proprio la Cina, attraverso le parole del Vicepremier Ding Xuexiang a riconoscere tale evidenza. Nella sessione plenaria Ding ha dichiarato che dal 2016, la Cina ha mobilitato volontariamente 24,5 miliardi di dollari per la transizione dei Paesi in via di sviluppo. La Cina ha fatto un riferimento ai finanziamenti per il clima con un approccio da Paese sviluppato e non con la logica della cooperazione Sud-Sud. La dichiarazione di Ding riflette la capacità e la volontà della Cina di porsi allo stesso livello – se non superiore – rispetto ai contributi di molti Paesi sviluppati.  

E la mitigazione?

L’attenzione sulla finanza ha però messo in secondo piano i richiami della scienza, che esorta ad decarbonizzare subito per evitare i peggiori disastri climatici. Le emissioni stanno ancora andando nella direzione sbagliata, più di mezzo milione di persone sono decedute nei 10 eventi meteorologici più letali degli ultimi 20 anni, attribuibili ai cambiamenti climatici. Nonostante queste evidenze, alla COP non sono stati fatti passi avanti rispetto alle decisioni prese alla COP28 sull’abbandono dei combustibili fossili. Gran parte delle sfide di questa COP si ripresenteranno a febbraio 2025, data ultima entro la quale i Paesi dovranno presentare i loro piani di riduzione delle emissioni.

Interessi fossili

Quello che emerge, o meglio ritorna, in questa COP è la presenza di realtà che premono per bloccare l’uscita dai combustibili fossili. La presidenza azera – terza COP consecutiva in un Paese con enormi interessi nel settore Oil & Gas, di cui anche l’Italia ne è una parte consistente – non è stata in grado di contenere l’azione di contrasto degli interessi fossili. L’Arabia Saudita ha tentato di dividere la coalizione globale a sostegno dell’azione per il clima e, con la decisione di rimandare la maggior parte delle discussioni sulla mitigazione a Bonn e Belém, è riuscita a rallentare i progressi già compiuti verso la transizione energetica. La buona notizia è che non è riuscita a bloccarlo del tutto. 

Le rinnovabili ci sono e sono più convenienti

Il mondo investe oggi nell’energia pulita quasi il doppio rispetto ai combustibili fossili. Gli investimenti nel fotovoltaico superano oggi tutte le altre tecnologie di generazione messe insieme. L’energia pulita è cresciuta a una velocità doppia rispetto ai combustibili fossili, la cui domanda dovrebbe raggiungere il picco entro il 2030, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE). In molti Paesi, l’energia solare e l’eolico sono già più competitivi in termini di costi rispetto ai combustibili fossili. Nel 2023 la Cina ha aumentato gli investimenti in tecnologie energetiche pulite del 40% rispetto al 2022. Gli investitori sembrano puntare sulla transizione: 4 su 5 a livello globale prevedono di aumentare il livello di investimenti nelle energie rinnovabili nei prossimi tre anni. La stessa percentuale (81%) ritiene che il settore dei combustibili fossili non sia attraente oltre i prossimi cinque anni, come emerge da un recente sondaggio condotto tra i senior manager di oltre 1.300 investitori istituzionali in tutto il mondo.

L’esito della COP29 invia anche un segnale a sostegno delle decisioni già prese nei mercati azionari, nei consigli di amministrazione e nei dipartimenti governativi di tutto il mondo. Il Regno Unito e il Brasile hanno presentato a Baku piani climatici nazionali ambiziosi. Nello stesso tempo, il G20, che si è svolto proprio durante COP a Rio de Janeiro il 18 e 19 novembre, ha dimostrato di aver compreso la necessità di riforma del sistema finanziario internazionale e di tassazione degli inquinatori, al fine di fornire più fondi e di migliore qualità. Le riforme delle Banche Multilaterali di Sviluppo (BMS), infatti, stanno dando i primi risultati: le banche stimano di poter erogare 120 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 ai Paesi a basso e medio reddito, di cui 42 miliardi per l’adattamento (più 65 miliardi dal settore privato).

Verso COP30

La COP30, in Brasile – a 10 anni dell’Accordo di Parigi – sarà il banco di prova per verificare chi è seriamente intenzionato a evitare scenari climatici ancora più catastrofici. L’unica strada per evitare di superare i 2,5°C di riscaldamento globale è l’implementazione di Piani nazionali di riduzione delle emissioni realmente ambiziosi. Ciò significa definire chiare politiche di uscita dai combustibili fossili e dare attuazione alla trasformazione del sistema finanziario per sbloccare le migliaia di miliardi necessari per la transizione. 

Le riforme del sistema finanziario sono in corso, anche se non ancora nella misura e al ritmo necessari. I Paesi in via di sviluppo hanno messo sul tavolo una serie di proposte, a partire dall’Iniziativa di Bridgetown, seguite da soluzioni per affrontare la crisi del debito. Tuttavia, gli investimenti del settore privato rappresentano la maggior parte dell’obiettivo di mobilitazione dei 1.300 miliardi di dollari. Per questo è importante rimuovere gli ostacoli normativi che impediscono ai privati di investire nei Paesi del Sud globale per mancanza di sicurezza, stabilità e garanzia di ritorno dell’investimento.

Una nuova geopolitica del clima

Una rinnovata collaborazione tra Europa e Cina potrebbe far da traino all’azione globale per il clima. Con l’uscita di scena degli Stati Uniti, Europa e Cina dovranno avviare insieme un percorso di trasformazione che mantenga viva la possibilità di non superare la soglia climatica di 1,5° gradi attraverso l’uscita da carbone, gas e petrolio attraverso l’elettrificazione. Una trasformazione che deve coniugarsi alla riforma del sistema finanziario domestico e internazionale. Ma questo sarà possibile solo se entrambe saranno in grado di superare le tensioni legate al commercio e alla sicurezza. Europa e Cina  condividono l’interesse comune di ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili, di costruire mercati verdi globali e di creare partenariati per lo sviluppo nelle economie meno avanzate. Un’alleanza che può andare a vantaggio di tutti se Bruxelles e Pechino saranno in grado di costruire un fronte comune con le altre economie emergenti del G20, senza escludere i Paesi più vulnerabili che hanno fatto sentire la loro voce nelle ultime ore della COP. Questa nuova alleanza potrebbe fare da freno a gruppi di potere che hanno evidenti interessi nel mantenere lo status quo dell’economia fossile e guidare il mondo verso una transizione, sicura, equa e funzionale al raggiungimento degli obiettivi climatici

14-16 Maggio 2025
Allianz MiCo, Milan

Be a catalyst for
a decarbonised economy

Be a catalyst for
Change

Be a catalyst for
Climate Transition

NETZERO AGENDA

BY ECCO

Italia

Continued consideration of the bill on the State Budget for the financial year 2025 and multi-year budget for the three-year period 2025-2027

Europa

Martedì 3 dicembre

Apre la seconda asta dell’Hydrogen Bank – fonte

Giovedì 5 dicembre

Consiglio “Trasporti, telecomunicazioni e energia” (Trasporti) – fonte

Lunedì 9 dicembre

Eurogroup – fonte

Lunedì 16 dicembre

Consiglio “Trasporti, telecomunicazioni e energia” (Energia) – fonte

NetZero Makers è la newsletter bisettimanale pensata per gli stakeholder, i professionisti e le aziende impegnate nel percorso di transizione energetica e decarbonizzazione che ci accompagnerà fino a NetZero Milan Expo&Summit.
Non perdere il prossimo numero!

A NetZero Milano crediamo fermamente che la necessità di un’ambiziosa azione industriale per il clima non debba mettere in secondo piano le sfide del mantenimento della competitività, per superare i potenziali rischi della deindustrializzazione – continuando a muoversi lungo percorsi di giusta transizione.

Per questo ci impegniamo a offrire ai nostri partecipanti, espositori e visitatori un evento che non sia autoreferenziale o celebrativo. Al contrario, non vogliamo perdere di vista il rapporto qualità-prezzo dell’evento e il suo vero orientamento al cliente.